Esiste un conflitto generazionale?

La Professoressa Elsa Fornero affronta con Matteo Fatale e Marco Bonelli il tema della previdenza, individuando le criticità che mettono in crisi il sistema pensionistico italiano.
Tra queste emerge in particolare il conflitto tra la generazione giovane e quella anziana, all’interno delle quali emerge, in particolare, il conflitto generazionale tra giovani ed anziani.

Cominciando un dibattito con una domanda così specifica e diretta si rischia di ridurre ad una sola risposta tutti i problemi che il nostro sistema pensionistico trascina dietro di sé da decenni. Ciò non significa che, effettivamente, non esista un conflitto generazionale ma che, oltre a questo, ad agire ci siano altri fattori. La pubblicità di tale sistema, la produttività del nostro paese, l’occupazione, il lavoro nero e i falsi miti narrati dalla politica giocano un ruolo fondamentale. Procediamo per gradi:

Il pilastro della demografia

La demografia costituisce uno dei pilastri del sistema pensionistico un elemento fondamentale di valutazione consiste appunto nella verifica che la struttura del sistema previdenziale sia sostenibile rispetto alle tendenze demografiche.
Spesso si parla di “sostenibilità” senza conoscere il corretto significato del termine. La sostenibilità del nostro sistema pensionistico dipende dal numero di lavoratori e di pensionati che fanno parte della popolazione. Sebbene ogni lavoratore versi contributi all’INPS durante il suo periodo lavorativo, quei contributi non saranno conservati in una cassaforte per poi essere restituiti indietro in forma di pensione. L’INPS li incasserà per versarli interamente ai pensionati in essere. Inoltre, i contributi incassati non sono mai sufficienti per il pagamento delle pensioni, quindi, lo Stato mette la differenza, ad esempio facendo debito o tagliando la spesa da qualche altra parte. Infatti, nel 2021 ci sono stati 145 miliardi di trasferimenti statali a fronte di una spesa di 385 miliardi con entrate contributive di 237 miliardi.
Quando è stato ideato questo sistema pensionistico, la popolazione italiana era composta da una numerosa “classe attiva”, composta dalle persone in età lavorativa (convenzionalmente fissata tra i 16 e i 65 anni).
Servendoci di quella che viene chiamata “piramide della popolazione” e prendendo come riferimento la popolazione del 1971, in basso troviamo i nuovi nati e le fasce di età più giovani, per poi arrivare, salendo, a quelle più anziane.

Se dal ‘71 passiamo invece al 2011 vediamo già come la forma della piramide muti. Si nota un restringimento alla base (quindi delle coorti più giovani) in conseguenza ad una riduzione del “tasso di fecondità” (che misura il numero di bambini nati per ogni donna). Quelli che nel grafico precedente si trovavano alla base, in quello sottostante sono rappresentati dalla parte più ampia della piramide (dalla coorte tra i 35-39 anni in su): i cosiddetti “baby boomers”, ovvero coloro che sono nati negli anni ‘60, quando l’Italia era caratterizzata da un tasso di fecondità decisamente più elevato di quello attuale e con un numero di nascite annuali molto più alto dei decessi. Ad oggi essi sono vicini all’età pensionabile (se non già pensionati) e sono molto numerosi, soprattutto se comparati con la popolazione attiva, che si è ridotta. Inoltre, il vertice della piramide si è alzato. L’età estrema è più alta, ci sono molti più centenari di prima (più di 14.000 contro i poco più di 500 del 1971).

Prendendo a riferimento delle stime basate sull’andamento demografico della nostra popolazione possiamo osservare ciò che il futuro ci riserva: la popolazione nel 2061 si ridurrà di quasi un quarto, le coorti più giovani saranno sempre meno numerose, i centenari saranno più di 100.000. Le stime più avanzate ci dicono che nel 2100 gli italiani saranno meno di 40 milioni.

Tornando, quindi, alla “sostenibilità” del nostro sistema pensionistico, in assenza di una riforma della struttura presente per far fronte all’incremento del numero dei pensionati rispetto ai lavoratori sarebbe necessario a) incrementare ulteriormente il peso dei contributi sul lavoro dipendente, che in italia è già molto elevato al 33% b) intervenire ulteriormente con contributi a carico della fiscalità generale, anche questi già molto elevati, con conseguente aumento del deficit o necessità di compensare con tagli alla spesa pubblica o aumenti delle imposte c) una combinazione dei 2 punti precedenti. 

Ecco perché la demografia è il primo pilastro che sostiene il sistema previdenziale. L’inverno demografico che stiamo vivendo dipende sicuramente dalla caduta del tasso di fecondità ma non bisogna trascurare l’aspettativa di vita che, al di là degli effetti della crisi pandemica, è aumentata e continuerà ad aumentare. Questo aumento è segno di progresso (scientifico, medico e via dicendo) ma il sistema previdenziale andrebbe adattato a quest’ultimo.
Di complemento a quanto detto fino ad ora alleghiamo un grafico che mostri l’andamento del saldo netto demografico:

Grafico elaborato sui dati: ISTAT

Da quando sono stati fatti i primi censimenti nello Stato italiano, si è registrata una progressiva crescita della popolazione. Il saldo delle nascite era sempre più favorevole di quello dei decessi (salvo i periodi nella prima e della seconda guerra mondiale). Tuttavia, nella seconda parte del XX secolo, questo saldo si è sempre più assottigliato fino ad azzerarsi, prima, e ad invertirsi, poi. Questo andamento, che è destinato a peggiorare e non dipende tanto dall’aumento delle morti quanto dalla diminuzione delle nascite.

A quanto detto fin ora bisogna aggiungere che la popolazione attiva può essere molto più numerosa della “popolazione occupata”: si prenda ad esempio la porzione di popolazione, costituita in larga parte da donne, che sceglie di non lavorare per dedicarsi alla cura della famiglia o la porzione di giovani che non studia e non lavora - i cosiddetti NEET - o, ancora, coloro che lavorano in nero. L’INPS ha stimato che questi ultimi ammontano circa a 2-3 milioni di persone, che potrebbero coincidere con le prime due categorie occupabili.
Costoro, non avendo un reddito, non versano contributi.

Il pilastro dell’economia

Un primo elemento di questo pilastro è costituito dal tasso di occupazione italiano, che è il più basso d’Europa. Su dieci unità della popolazione attiva solo 6 lavorano (60%). Per fare un paragone, la Francia ha un tasso di occupazione di circa 10 punti percentuali più alto del nostro, la Germania di circa 16 mentre i paesi del nord-Europa raggiungono l’80% di occupati. Se guardiamo il dato dell’occupazione femminile il quadro diventa ancora più preoccupante, con una spaccatura nord-sud ancora più marcata, dato che nel meridione solo una donna su tre risulta occupata.
Un secondo elemento è rappresentato dai salari, che non solo sono i più bassi in Europa, ma negli ultimi 20 anni, mentre in altri paesi crescevano, in Italia sono diminuiti. E dato che i contributi si calcolano sui salari lordi, rappresentano l'ennesimo punto a sfavore della cassa previdenziale. Quindi, abbiamo pochi lavoratori e con salari bassi.

Nel periodo della Grande Recessione, successivo alla crisi del 2008 e che è durato fino al 2012/2013, il PIL italiano si è ridotto più di quello degli altri stati europei e la successiva ripresa è stata più contenuta. Ad oggi, il PIL non è ancora tornato ai livelli pre-crisi e così è perché l’Italia ha enormi problemi di “produttività”. 

I salari sono collegati alla produttività e, più di preciso, alla “produttività del lavoro”. Non tutti i lavori hanno lo stesso grado di produttività, il quale dipende dal valore che essi generano. Per fare un esempio semplice - e che non vuole in alcun modo essere irrispettoso - la produttività di un ingegnere informatico sarà sicuramente maggiore di quella di un cameriere e, di conseguenza, sarà pagato di più. A differenza dei paesi come la Francia o la Germania, l’Italia si trova ad avere un’economia basata su settori meno produttivi e per questo non può permettersi di pagare salari più alti.
Per usare un’espressione giornalistica diciamo che “la coperta è corta”: per rendere felice qualcuno, in assenza di produttività, si dovrà scontentare qualcun altro. Col passare dei decenni la politica ha scelto di scontentare le nuove e future generazioni. In questo caso però parliamo di “redistribuzione”, che non rende il paese più ricco.
Così facendo abbiamo reso evidente la debolezza del pilastro economico italiano, fondamentale perché un sistema pensionistico che possa dirsi sostenibile.
Il pilastro economico si congiunge con il pilastro demografico quando si parla delle migrazioni giovanili. Ogni anno in decine di migliaia di giovani emigrano all’estero, dove pagano i loro contributi e non più in Italia perché non iscritti all’INPS. per indurre i giovani a rimanere in italia bisognerebbe anzitutto non fare promesse vacue di garanzie pensionistiche esigibili tra 40 anni.

Il pilastro della politica

L’INPS è un istituto pubblico nonché protagonista del sistema previdenziale, mentre i fondi pensione e le pensioni private hanno un ruolo secondario. Le regole pensionistiche sono decise dalla politica: ma cosa accadrebbe se il Parlamento approvasse delle leggi ritenendo che le pensioni siano un “diritto acquisito”, senza però tenere conto del rischio di crollo del pilastro demografico, e del sottile pilastro economico? La risposta è quasi banale: per pagare le pensioni è necessario avere i soldi e se i soldi non ci sono quel diritto è inesigibile (situazione alla quale l’Italia si è avvicinata nel 2011).

Le obiezioni che il lettore potrebbe sollevare rispetto a quanto esposto fino ad ora sono molteplici: “l’età pensionabile è troppo alta” o “aumentare l’età pensionabile farà si che non vi sia ricambio generazionale e, quindi, i giovani avranno più difficoltà nel trovare lavoro”. Le risposte richiedono, oltre che dei dati, anche un po’ di ragionevolezza. In merito al primo esempio fatto, è vero che ai lavoratori viene chiesto un “sacrificio” in più, ma quale sarebbe l’alternativa? Come si potrebbe ridurre l’età pensionabile con un tasso di occupazione così basso? Quanto peserebbe tale riduzione sugli attuali lavoratori? La domanda è retorica e la risposta è facilmente individuabile nel tratto in cui abbiamo parlato della già elevata aliquota previdenziale. Per quanto riguarda il secondo esempio, come mostra il grafico, l’aumento dell’occupazione della popolazione più anziana è accompagnato dall’aumento dell’occupazione dei giovani.

La professoressa Fornero sottolinea che “il sistema pensionistico non è una cosa con cui i politici possono giocare per guadagnare voti […] senza tener conto del pilastro demografico e del pilastro economico”.
Quando si parla di diritti acquisiti si arriva al dunque, perché bisogna domandarsi chi paga per questi diritti acquisiti e se chi paga sia più povero di chi invece ne beneficia dal punto di vista del criterio della Giustizia sociale che è un criterio che sta nella nostra Costituzione.
Dato che le imprese fanno fatica ad alzare i salari, si parla del cuneo fiscale esprimendo la volontà di ridurlo per tagliare gli oneri fiscali che sono di due tipi: imposte dirette e contributi. Allora alcuni governi hanno proposto di  ridurre i contributi, il che significa che in futuro quel lavoratore si troverà con una pensione più bassa. Ma per ovviare questo problema, questi governi hanno deciso di pagare la parte tagliata dei contributi a carico del datore di lavoro, con la spesa pubblica. Ma facendo così si sta passando da un sistema pensionistico a contribuzione a delle misure di assistenza sociale che però vanno sempre a scapito delle future generazioni in quanto finanziate dalla spesa pubblica facendo debito pubblico.
Ciò su cui la politica dovrebbe interrogarsi è come aumentare i salari dei lavoratori supportati dal valore aggiunto, scrollandosi di dosso la debolezza strutturale del nostro paese che dura da 25 anni.

É una storia che per ora non ha lieto fine.

 

Dall'evento del 5 maggio 2023 tenutosi ad Aosta, presso la sala "Maria Ida Viglino" del Palazzo Regionale, organizzato dal capitolo locale dell'associazione Liberi Oltre le Illusioni, con il patrocinio del Comune di Aosta.

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